';

Il writer di talento si mette in mostra
26 Ott 2013 08:11

«Trovo molta più poesia nella natura che nell’uomo. Mi piace disegnare le cose che di solito non piacciono, quelle che turbano piuttosto che altre che gratificano l’occhio dello spettatore.»

Appassionato di letteratura horror – il suo scrittore preferito è Lovecraft, di cui ha letto tutte le opere – fan di Ana Bagayan, Pasquale Kunos esporrà oggi pomeriggio le sue opere presso la Libreria K di Pescara, in via Conte di Ruvo 127.

Nato come writer, tra le strade di Pescara e dintorni, Kunos ha raffinato il suo stile di pittura e dato forma alla sua passione per il disegno col tempo. Passione che coltivava già da quando era bambino e si divertiva a disegnare ogni cosa.

Dopo il Liceo Classico, si trasferisce a Milano per frequentare la Naba, la Nuova Accademia di Belle Arti, dove rimane collaborando con l’organizzazione creativa Art Kitchen e iniziando ad esporre a Milano ma anche all’Auditorium di Roma e in altre città.

Ho conosciuto Pasquale prima dai suoi disegni e poi di persona. Quello che mi ha sempre colpita delle cose che fa è la capacità di usare linee e colori, la predisposizione a riportare sulla tela o tra i muri, immagini e simboli di antica memoria.

Kunos ama definire la sua poetica come “dinamismo naturale della materia organica”. Ovvero delle cose che si muovono e che, allo stesso tempo, non si vedono. C’è chi avvicina la sua arte a quella del pop surrealismo. Definizione tanto ampia quanto audace. Quando si parla di surrealismo, oggi, si parla di tutto ciò che in qualche modo supera la dimensione realistica dell’arte, tutto quello che appartiene a quel mondo di immagini fantasiose che nascono sotto il sipario bidimensionale della quotidianità più scontata. La critica, spesso infatti, si riduce a creare delle macro-categorie di senso dove gettare a caso l’operato degli artisti di un certo periodo.

Io, dalla mia parte, credo che il miglior critico è sempre il pubblico meno esperto, quello a cui l’arte poi si rivolge in ultima istanza, che guarda in un’opera non il sistema concettuale a cui essa rimanda quanto piuttosto il mondo di sensazioni che ci sono dentro. Indubbiamente le opere di Kunos sono oltre il mero realismo di certa produzione artistica. Ma dentro c’è tanto altro.

L’arte è comunicazione. E simbologia. Ci sono delle immagini che rimandano a un mondo che tutti gli esseri umani condividono inspiegabilmente. Forse compito dell’arte, soprattutto di una certa arte, è quella di riportare alla realtà quel mondo di immagini che noi tutti ci portiamo dentro e attraverso le quali riusciremmo a comunicare molto più che con mille parole. Alcune immagini colpiscono immediatamente prima di essere spiegate. E, guardando i disegni di Kunos, sembra che le immagini parlino da sé, come la tigre col terzo occhio aggrovigliata tra i tentacoli di una medusa, tra le maglie indissolubili del sistema natura, o come il corpo pulsante di una medusa, o le mille geometrie invisibili che emergono nell’osservazione instancabile del sistema mondo.

Per me dipingere è un’esigenza, mi racconta Pasquale quando a un certo punto, inevitabilmente gli chiedo come un artista cresciuto nella street art possa conciliare questa sua formazione nell’underground con il mondo istituzionalizzato dell’arte: «Noi esistiamo», mi racconta Pasquale, «compito della critica è quello di documentare la nostra esistenza.»

Pasquale ha iniziato a pittare che aveva 14 anni. Oggi espone le sue opere ed è aperto a collaborare con realtà anche diverse da quelle che hanno caratterizzato la sua formazione artistica. Oggi, ammettiamolo, il mondo dei graffiti è di gran moda. Ma c’è chi quel mondo lo ha costruito e fomentato quando i writers erano considerati ancora degli emarginati, quando i writers erano i cosiddetti ragazzi difficili, gli strani di cui diffidare. Io di quei tempi me ne ricordo ancora. E Pasquale fa parte di quella generazione, di chi ci credeva anche quando non ci credeva ancora nessuno.

Forse un artista è anche questo. Non solo colui che ha l’occhio per guardare quel che non si vede, ma soprattutto la lungimiranza per intuire il potenziale di certe cose. E se il mondo dell’Hip Hop oggi ha un po’ nauseato perché improvvisamente sono tutti diventati giocolieri prodigiosi che si altalenano tra le 4 discipline dell’Hip Hop, c’è da dire, tra le altre cose, che il bello di questa cultura è stato il fatto di aver saputo «trasformare una lotta armata in una lotta costruttiva», mi racconta Kunos. Lui questa lotta se l’è vissuta tutta tra i muri delle città. Oggi porta i suoi disegni in una libreria, dove rimarranno esposti per altre due settimane. E nel frattempo, tra il legale e l’illegale, ci auguriamo che ne nascano altri mille di talenti come questo.


Dalla stessa categoria

Lascia un commento