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Non è mai una semplice partita di calcio
26 Mar 2018 12:17

Qui, la domenica o chi per essa, non c’è soltanto una partita di pallone, una delle tante. Qui c’è ben altro. Ieri a Parma erano in 5 mila, partiti dal giorno prima come per un pellegrinaggio. Un po’ tutti, abbiamo avuto la sensazione di giocare in casa con tutto quel muro rossonero. Il noto network sportivo Fox, ha premiato la tifoseria rossonera come la settima in Italia per numero di tifosi al seguito.

No, non può essere tutto ricondotto a una “semplice partita di pallone”. Qui il calcio si impossessa delle meningi, si arrotola a doppio nodo al Dna. E’ parte integrante del nostro vivere quotidiano, a volte anche del nostro sopravvivere. Foggia è una città che non ama specchiarsi, anzi, alcune volte odia anche vedersi riflessa in qualcuno.

Qui da noi c’è quella sensazione di perenne sconfitta, a volte di macabra resa. Se “Cristo si è fermato ad Eboli”, il Dio Pallonaro in Via Gioberti e zone limitrofe. Qui è un motivo di vanto, come una madre che, in compagnia delle amiche pettegole, osanna il figlio descrivendolo, spesso e volentieri, come migliore di quello delle interlocutrici.

C’è una passione profonda, che mette radici nei vicoli più piccoli o nei viali più chic. Il Foggia rappresenta il premio più ambito, la ragione per cui pellegrinare negli stadi d’Italia rappresenta forse più di quanto ci si possa immaginare. Foggia si “traveste” da donna spensierata e con l’abito delle grandi occasioni quando si va allo stadio. Magari, nelle mura domestiche, deve sopportare un marito violento e prepotente. Come la criminalità. Ma quando gioca il Foggia, signori, è la donna più bella, quella che si fa notare e che si lascia guardare. Foggia è una porta socchiusa, che aprirla spesso mette quasi in soggezione. È il profumo di chi è costretto ad andare via, o quello di chi confonde le proprie mani nelle terre del Tavoliere.

Sotto quella bandiera, con il rosso e il nero. Rossa come la passione, nera come la paura di non farcela. Qui è un continuo conto alla rovescia, una scadenza improrogabile che spesso e volentieri disattendiamo. Ma quando “giocano i satanelli”, beh, tutto si ferma. Si fermano le paure, le disgrazie e le sconfitte che la vita ci riserva. Se non ci fosse il pallone, quella pezza tonda che rotola sullo Stivale, Foggia sarebbe finita da un pezzo. Molta gente non avrebbe un motivo valido per risollevarsi, per alzarsi la mattina e parlare con qualcuno. A scendere nei bar, a organizzarsi per le trasferte e convincere mogli e figli che sia un’esperienza unica. Che poi magari l’alternativa era un pranzo domenicale a casa della suocera. Come sosteneva Montanelli a proposito dell’Italia: “E’ una mantenuta costosa e scostumata. Ma è l’unica che riesce a riscaldare il nostro letto e a farci sentire uomini, anche se cornuti”.


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