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Ma perché gli americani si abbracciano?
15 Ott 2013 07:43

Le differenze tra noi e gli americani sono molte, forse più di molte, e infatti non sono ancora riuscito a capirli davvero. Ma di certo siamo diversi. E allora, cimentandomi in un’esercizio di spregiudicata e provocatoria superficialità, provo a stilare la lista delle cose che ho notato in loro:
A Los Angeles, che è solo una minima porzione del resto degli Stati Uniti, è raro trovare americani che abbiano veri amici. Hanno conoscenti, relazioni importanti fondate sull’interesse, sul business.

Io perlomeno, non sono riuscito ad instaurare vera amicizia con nessun americano in questa città. A parte due vecchissimi amici del Mississipi conosciuti nel ’91 quando si aveva tutti vent’anni e con cui effettivamente ancora mi frequento. Per il resto, anche il matrimonio qui è piuttosto un business, fondato su una unione che la società ancora puritana ti richiede prima di avere figli. Al contempo, l’infedeltà, vista naturalmente come un enorme tabù è largamente praticata per spezzare la noia in una nazione di 300 milioni di abitanti che hanno per la maggioranza come massimo intrattenimento culturale, uno shopping mall e un Multiplex.

In California, se si divorzia dopo dieci anni, l’ex marito dovrà devolvere all’ex moglie il 50 percento dei suoi guadagni per il resto della vita, anche nel caso lei si risposi. In molti Stati, anche se non ti vuoi sposare, il matrimonio ti viene notificato e ufficializzato dallo Stato dopo sette anni che convivi con la stessa persona. Però quando in America si divorzia, si divorzia sottovoce. Gli americani fanno molte cose sottovoce. Soprattutto quando ti licenziano o scompaiono da un giorno all’altro semplicemente perchè non gli sei in quel momento più necessario. L’idea della felicità viene proiettata nei soldi e nell’eterna bellezza. Alcuni riescono certamente a diventare ricchi, per l’eterna bellezza, dovranno invece ancora aspettare.

Gli americani infelici sono tanti, soprattutto sono spesso soli e lo scoprono quando iniziano ad imbottirsi di psicofarmaci o peggio ricorrono al suicidio con un colpo di rivoltella come estrema ratio contro la solitudine e l’innaturale ansia da prestazione in un Paese che non ha alcun tessuto connettivo sociale che ti faccia sentire uomo e non un numero. I tuoi genitori ti hanno spedito al mondo da anni, i tuoi fratelli chissà dove sono e non hai un vero amico. Una volta uscito dal college sei solo. Lo sai e per questo la società americana è individualista, meritocratica e paradossalmente cosi’ reattiva, egoriferita e solidale di fronte ad ogni difficoltà che la Nazione incontri. Di contro l’americano non si aspetta che lo Stato lo soccorra.

L’italiano medio vive al contrario solo di questo. E infatti gli italiani, dopo un ventennio berlusconiano, sono stati talmente miracolati che oggi sembrano aver persino dimenticato come si cammina sulle proprie gambe e davanti alle difficoltà si paralizzano e vittimizzano, lagnandosi e creando da soli la slavina che li investirà. In America questo no, non succede. In America ogni giorno sei licenziabile perchè uno più giovane, più svelto, più talentuoso di te, ha incontrato il tuo datore di lavoro e l’ha convinto che con lui i famosi profitti saliranno. In America sei tu e solo tuo a decider della tua vita. Lo Stato assistenzialista non esiste anzi viene visto come una minaccia dal sapor socialista (grand brutta parola in America, il socialismo).

In America non ho mai sentito nominare tanto spesso la parola “talent”. Forse perchè è qualcosa che non si può vendere nè comprare, il talento. E il talento è per una schiacciante minoranza di persone la chiave per avere successo, fare soldi e dunque acquistare potere. E’ dunque un elemento preziosissimo che va sfruttato fino all’ultimo prima di vederti sostituito con chi ha un talento ancora più fresco, inafferrabile e imprevedibile del tuo. Anche gli artisti, in fondo, sono dei numeri. Oggi vanno domani chissà. Gli americani sono eternamente desiderosi di infatuarsi del nuovo, di ciò che non conoscono, pronti a buttarlo nel secchio se però ne vengono delusi.

Gli americani si salutano abbracciandosi (niente baci sulle guance come da noi), anzi gli abbracci sono a loro volta coreografie precise di corpi che cercano di manifestare l’idea del calore di un saluto ma nel farlo stanno anche attenti a non portare a contatto la pelle dei visi tra loro. I loro abbracci sono insomma in totale contraddizione con l’idea stessa dell’abbraccio. Ma allora perchè si abbracciano? Gli americani hanno del resto paura di tutto: dei germi, dei virus, degli antibiotici che non funzionano più perchè i batteri stessi si sono modificati. Hanno paura del terremoto, dei terroristi, degli sconosciuti, dei rapinatori, delle influenze suine, aviarie, delle bombe atomiche, dei matti, dei ratti, della morte e per questo le loro case sono veri e propri arsenali.
Non hanno però paura del loro cibo, delle loro mucche, dei salmon, galline, tacchini, ecc.. nutriti a forza di ormoni e antibiotici per evitarne la morte nei lager in cui vengono allevati. Non hanno nemmeno paura dei MC Donalds dove le carni macinate nascondono più misteri che proteine.

In America non cercate mai di fare i furbi perchè chi sbaglia paga. Il senso di ciò che è legale e ciò che è invece illegale, è fortissimo e non conosce flessibilità. Gli stessi poliziotti, quando ti fermano sembrano il finto robot di Terminator 2 che ti guarda algido, senza emozioni leggibili, con una mano sulla pistola e l’altra che impugna una torcia puntata sui tuoi occhi per esaminarti lo sguardo mentre il suo partner ti sorveglia in distanza di sicurezza. E tutto ciò perchè hai superato di quindici chilometri orari il limite di velocità o la tua auto ha solcato per tua distrazione le linee della mezzeria che in America significa solo una cosa: pericoloso individuo, potenzialmente ubriaco, alla guida del veicolo.

Una volta trovai una multa sul parabrezza. Non riuscii a capire perchè finchè non me lo spiegarono: Avevo parcheggiato l’auto in discesa senza girare le ruote verso il bordo del marciapiede. Se parcheggi in discesa, devono infatti essere lasciate ruotate verso il marciapiede. Se in salita, verso la carreggiata.
E comunque sia, i poliziotti americani mi fanno paura davvero. Alcuni di loro, nel tempo libero partono come mercenari e vanno a fare lavori sporchi nelle zone di guerra. Lavori sporchi e top secret. In Louisiana uno di loro che fermava il traffico per lasciarci girare alcune scene per strada, siccome ero il regista, a fine giornata mi confidò che ogni tanto era andato in Iraq e Afghanistam a sparare a “quegli stronzi”. Seguì inevitabile breve silenzio. Poi…”Quanti ne hai uccisi”, chiesi.
“Non lo so, una quarantina. Da lontano vedi solo una nuvoletta di polvere. Una nuvoletta di stronzi”. E rise.
Tre mesi e via, i poliziotti soldati di ventura tornano a casa e sono poi gli stessi che girano per le strade in pattuglia e quando ti fermano, a volte non puoi non notare che gli occhi che ti squadrano sono vuoti e in parte sono forse morti con le loro vittime.

Da quando fu ucciso John Lennon, in America sono state uccise più di un milione di persone con armi da fuoco. Se in California vieni arrestato tre volte, la terza diventa esponenzialmente più seria del reato che hai effetivamente commesso. Non importa quale esso sia.
Le leggi americane sulle armi sono invece ancora ferme a quando per sparare si usava il moschetto e avevano un solo colpo in canna. Oggi si acquistano senza problemi e ovunque armi automatiche che scaricano trenta colpi in pochi secondi.
Quante stragi, veglie e massacri dovremo ancora piangere prima che gli americani, che non capisco, capiscano?


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