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Prima l’uomo, poi il calciatore. Altrimenti è il nulla
26 Giu 2019 14:15

In una calda giornata di giugno finisce, momentaneamente, la storia calcistica del Foggia. Una morte più volte annunciata ma mai presa fino in fondo sul serio. Gli ultimi a cedere il passo alla fredda cronaca sono stati i tifosi, quelli organizzati e quelli singoli, sicuramente la parte migliore e più sana di questa vicenda.

Le parole del presidente della Serie C, Francesco Ghirelli, lasciano poco spazio alle interpretazioni, «L’iscrizione del Foggia Calcio, dal punto di vista dei documenti Lega è completa, ma suppongo che non sia a posto sul versante economico-finanziario. Credo che il club sia quindi arrivato al capolinea e personalmente a me dispiace tanto perché è una grande piazza».

Non ci sono soldi per continua a fare calcio a Foggia, un tema che riguarda tutto il Sud dell’Italia. La prossima serie A su venti squadre può contare solo su Napoli e Lecce in rappresentanza del Sud del Paese e la serie B, qui il dato non è così certo, su quattro o cinque squadre su venti.

É la realtà delle cose, non può valere come risposta tantomeno può essere una consolazione.

Le ragioni del sottosviluppo o del mancato sviluppo economico del Sud ha radici antiche che vengono continuamente annaffiate da una classe dirigente indegna di questo nome che non ha saputo, dall’unità d’Italia ad oggi, costruire le condizioni affinché il nostro Paese potesse crescere in modo uniforme o, almeno, senza grandi differenze. Provate a guardare la carta geografica dell’Italia, quella delle infrastrutture viarie, strade, autostrade e ferrovie, vi accorgerete del perché c’è questa disparità di sviluppo economico. Al Sud manca tutto, o quasi tutto, a cominciare proprio dai collegamenti viari presupposto necessario ed indispensabile per uno sviluppo economico compiuto.

Ci sono dunque ragioni profonde per il fallimento del Foggia calcio, ragioni che riguardano e accomunano una parte significativa dell’Italia. Ma c’è anche altro.

C’è, per esempio, la scelta sbagliata degli uomini chiamati a vestire la gloriosa casacca rossonera nel corso dell’ultimo campionato.

Tutte le grandi imprese, calcistiche e non, si costruiscono a partire dalla scelta degli uomini, partendo dalla loro dimensione umana.

Negli ultimi anni il Foggia ha avuto sulla sua panchina prima Roberto De Zerbi, poi Giovannino Stroppa e quest’anno Gianluca Grassadonia.

De Zerbi aveva creato un gruppo di uomini che si erano riconosciuti in lui, nel suo modo di lavorare e che avevano stabilito con la città e con i suoi tifosi un rapporto umano meraviglioso, come  raramente si era visto a Foggia. Le persone erano tornate allo stadio in massa e nonostante la dolorosissima sconfitta nella finale play off contro il Pisa non si erano allontanati, anzi a gran voce avevano chiesto la conferma di De Zerbi.

Poi è arrivato Stroppa, zemaniano doc e nel cuore dei tifosi da sempre. Stroppa ha saputo trasformare lo scetticismo con il quale era stato accolto, soprattutto per come si era consumata la fine del rapporto professionale con Roberto De Zerbi, in carica agonistica e, conti alla mano, è stato uno dei migliori allenatori di sempre sulla panchina del Foggia. Ha lavorato sul gruppo di De Zerbi introducendo alcuni uomini che erano più funzionali alla sua idea di calcio. In ogni caso ha creato un gruppo che anche grazie alla sua compattezza ha ottenuto risultati straordinari.

Con l’arrivo di Nember è cambiato tutto. Il gruppo è stato sistematicamente decostruito fino a modificarlo del tutto con la campagna acquisti della scorsa estate che ha portato Grassadonia sulla panchina dei satanelli.

Alla luce di ciò che abbiamo visto durante tutto il campionato, ovvero prestazioni sportive e dichiarazioni alla stampa è evidente che gli uomini scelti non hanno saputo ricreare lo spirito di gruppo che c’era stato negli anni precedenti. Questa la prima, lapalissiana osservazione.

La seconda riguarda le singole persone scelte. Quando si sceglie un calciatore da inserire in un gruppo bisogna essere attenti a tanti aspetti. Certamente quello prevalente è l’aspetto tecnico, o meglio, l’aspetto da cui si parte è quello tecnico ma sullo stesso livello devono pesare le valutazioni sulla persona, sul suo essere persona umana.

Purtroppo le scelte di Nember, e la scelta stessa di Nember come uomo solo al comando («Luca Nember ha carta bianca, tutti i rapporti a livello calcistico e sportivo saranno tenuti da lui. Stiamo lavorando alla prossima stagione», così si espresse la proprietà a giugno dello scorso anno), sono state scelte sbagliate sia da un punto di vista sportivo sia da un punto di vista umano.

Per ciò che riguarda l’aspetto più strettamente sportivo si pensi per esempio all’acquisto del portiere Bizzarri.

Nember, sempre a giugno dello scorso anno dichiarò, «Ringrazio gli amministratori e la società per il rinnovo, ho accettato volentieri per portare a termine l’obiettivo della Serie A. È un traguardo condiviso con la società. Questa piazza merita grandi scenari».

Se ci si pone l’obiettivo della serie A entro due anni che senso ha acquistare un portiere di 42 anni? Portiere che si rivelerà decisivo per l’andamento negativo della squadra tanto da essere ceduto in prestito nella finestra di mercato del mese di gennaio.

Ancora più negativa la composizione della rosa, e intendo qui non in senso strettamente tecnico, partendo proprio dall’allenatore.

Non c’è mai stata empatia tra il popolo rossonero e Grassadonia, così come con la maggior parte dei calciatori in rosa. A fronte di un calore sempre crescente da parte del pubblico, nonostante i risultati negativi conseguiti sul campo, la squadra, il gruppo, non ha mai dato l’impressione di comprendere fino in fondo quella passione che i tifosi del Foggia hanno saputo trasferire sugli spalti di tutta l’Italia.

Lo scorso anno fu premiata come “Miglior tifoseria dell’anno della Serie B” nel corso dell’Italian Sport Awards® – La Notte degli Oscar del Calcio Italiano® – Gran Galà del Calcio Italiano® 2018, che si svolse al Dubai Village di Camposano, Napoli e se consultate i vari siti internet dedicati al tifo scoprirete che molti di quei filmati riguardano il meraviglioso tifo dei foggiani in trasferta. Ascoli Piceno, Parma, Venezia, Carpi, Verona, solo alcune delle pagine indelebili scritte dalla passione dei foggiani per la propria squadra di calcio.

L’epilogo di questa distanza tra popolo e squadra si è avuto nella conferenza stampa in cui si presentò la squadra al completo a tre giornate dalla fine del campionato e, contestualmente, l’assenza degli stessi protagonisti dopo il finale amaro di Verona.

Sono sempre gli uomini che fanno la differenza a tutti i livelli e in ogni attività. Nember, Grassadonia e la squadra del Foggia che ha partecipato all’ultimo campionato di serie B, tranne qualche eccezione, non si sono dimostrati all’altezza del compito che li attendeva. Hanno fallito perché non sono riusciti a stare bene insieme e, come logica conseguenza, hanno fallito anche da un punto di vista sportivo.

I loro nomi saranno presto dimenticati dai più e il tempo attenuerà anche il dolore di questi giorni.

Adesso bisogna pensare al futuro e capire se ci può essere un futuro nel calcio che conta per la città di Foggia. Occorre calma e sangue freddo e tante altre cose. Occorrono persone disposte ad investire soldi propri per costruire un progetto di medio e lungo termine. Occorre che sia coinvolta la città nella sua interezza. Occorre una coesione sociale e un’unità d’intenti che non c’è mai stata. L’impresa è improba, ma è l’unica strada percorribile per non incorre in nuove e più cocenti delusioni. Bisogna ripartire dalle persone, poi viene tutto il resto, altrimenti è il nulla.


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