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Aveva ragione Mancini, in questa Italia sono tutti titolari
07 Lug 2021 17:33

di Oscar Buonamano

«Ma come parla? Come parla? Le parole sono importanti…Come parlaaa…».

È un dialogo di una delle scene cult del film Palombella rossa di Nanni Moretti. In quel caso il concetto dell’importanza delle parole era riferito ai luoghi comuni che, spesso, si usano nel linguaggio che usiamo quotidianamente, sempre più figurato e meno preciso, puntuale, aderente alla realtà, infarcito di luoghi comuni.

E invece come ammonisce Nanni Moretti, le parole sono importanti. Lo sono sempre e in qualunque contesto.

Sin dall’inizio di Euro2020 il commissario tecnico della nazionale italiana, Roberto Mancini, ha ripetuto che questa squadra azzurra, la sua squadra azzurra, non ha riserve ma sono tutti titolari. Un concetto molto diffuso nel mondo del calcio che quasi sempre non corrisponde alla realtà dei fatti. E non corrisponde per due ragioni. La prima è che il più delle volte questa affermazione è falsa, pura fiction, la seconda che molti allenatori costruiscono la fortuna sportiva di alcune squadre affidandosi ad un gruppo di fedelissimi, o, com’è in voga dire ultimamente, di titolarissimi.

La prima opzione non la commentiamo perché il falso non deve avere cittadinanza in nessun contesto, tantomeno in competizioni sportive, la seconda invece ha una sua, solida, validità.

Ci sono allenatori che teorizzano la costruzione di una squadra con undici titolari più un paio di ricambi. Questo è il motivo per cui ci sono formazioni che impariamo a memoria e altre che dimentichiamo in fretta.

È il caso dell’Inter di Helenio Herrera, del Milan di Arrigo Sacchi, della nazionale campione del mondo in Spagna del 1982.

Sarti, Burgnich, Facchetti, Bedin, Guarneri, Picchi, Jair, Mazzola, Milani (Peiró, Domenghini), Suárez, Corso.

Galli, Tassotti, Maldini, Costacurta, Franco Baresi, Rijkaard, Colombo, Donadoni, Ancelotti, Van Basten, Gullit.

Zoff, Gentile, Cabrini, Oriali, Collovati (Bergomi), Scirea, Bruno Conti, Tardelli, Paolo Rossi, Antognoni, Graziani (Altobelli).

Non è il caso dell’Italia di Roberto Mancini che si è conquistata sul campo la possibilità di contendersi il titolo di Campione d’Europa. L’allenatore azzurro ha sempre sostenuto di avere 26 titolari e le sue scelte, le prestazioni in campo dei calciatori, che è tutto vero.

Nel percorso che ha portato l’Italia in finale hanno giocato tutti i calciatori presenti in rosa tranne Meret, il terzo portiere.

In questo senso è paradigmatica la partita disputata contro la Spagna. Ecco gli undici schierati all’inizio della partita.

Donnarumma, Di Lorenzo, Bonucci, Chiellini, Emerson, Barella, Jorginho, Verratti, Chiesa, Immobile, Insigne.

Una gara in cui l’Italia ha saputo soffrire per imporsi, dopo 120 minuti, ai calci di rigori. Nel corso della gara sono entrati in campo Toloi per Emerson, Locatelli per Barella, Pessina per Verratti, Bernardeschi per Chiesa, Berardi per Immobile e Belotti per Insigne.

Mancini non ha avuto problemi nel sostituire i calciatori più dotati calcisticamente, quelli in grado di risolvere la partita anche da soli. E dunque Immobile, Insigne, Verratti, Barella, Chiesa hanno lasciato il posto ai loro compagni della partita.

Lo aveva detto Mancini, sono tutti titolari. E lo ripetono i calciatori, siamo tutti titolari. Il calcio è un gioco di squadra in cui anche il più dotato tecnicamente non vince se non si pone al servizio del collettivo.

Quella di Mancini, oltre ad essere una bellissima storia sportiva è anche una grande lezione per tutti gli italiani. Si vince stando insieme soprattutto nei momenti di difficoltà. Gli era stato affidato l’incarico di allenare la nazionale italiana di calcio dopo l’eliminazione ai mondiali di Russia del 2018 e dopo tre anni ha riportato l’Italia calcistica ad essere una squadra rispettata, temuta e vincente.

Le parole sono importanti e di Roberto Mancini ci possiamo fidare.

Adesso manca solo una partita alla fine di Euro2020, quella più importante che si disputerà l’11 luglio.

Un giorno bello l’11 luglio, bellissimo.


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