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Al Sud i dottorandi stanno quasi scomparendo. Ecco i dati
01 Giu 2014 07:21

Non è vero che in Italia ci sono troppi dottorandi. Al contrario, ce ne sono troppo pochi“: tra il 2008 e il 2014 i posti messi a bando per chi intende avvicinarsi alla carriera accademica sono diminuiti del 19%, con un picco negativo al Sud del 38%. Inoltre nel nostro paese si contano 0,6 dottorandi ogni 1.000 abitanti: un rapporto inferiore a questo, in Europa, lo registrano solo Spagna (0,5) e Malta (0,2).

Alla diminuzione di opportunità di accesso si aggiungono poi le difficoltà nel proseguimento di carriera, meta potenzialmente raggiunta “solo dal 3,4% dei dottorandi“. Visto il trend di reclutamento dei ricercatori a tempo determinato di tipo A e B, il 96,6% degli attuali 15.300 assegnisti rischia, a pochi anni dalla fine del dottorato, di “essere espulso dal sistema accademico“.

A lanciare l’allarme è l’Associazione dottorandi e dottori in ricerca italiani, che oggi ha presentato a Roma un’indagine su dottorato e post-doc. POSTI IN CALO, PICCO NEGATIVO AL SUD – In sei anni le posizioni messe al bando al Nord sono diminuite del 10%, al Centro del 16% e al Sud del 38%. In diminuzione anche le borse di studio bandite (-16%).

Il sistema universitario e il dottorato di ricerca – osserva l’Adi – hanno risentito profondamente dei deleteri tagli attuati a partire dal 2008 a oggi” e “sono le aree svantaggiate a subire gli effetti di queste politiche“. Il decreto ministeriale sull’accreditamento dei corsi di dottorato, aggiunge l’associazione, ha portato “all’accorpamento di numerosi corsi e a una conseguente diminuzione numerica“. Ma ciò non ha determinato direttamente una riduzione di posizioni bandite o borse, anche se “al sud una riduzione del 57% del numero dei corsi si è accompagnata con una significativa riduzione (-15%) di posizioni bandite“.

PROSPETTIVE DI CARRIERA SOLO PER 3,4% – Nel 2013, ricorda l’Adi, esistevano oltre 15.300 assegnisti in tutta Italia e sono state bandite solo 520 nuove posizioni per ricercatore a tempo determinato di tipo A e 130 posizioni per il tipo B. “Se questi livelli dovessero essere confermati nei prossimi 4 anni, dei 15.300 assegnisti attivi nel 2013 oltre l’86,4% non continuerà a fare ricerca dopo uno o più anni di assegno; il 10,2% uscirà dal mondo della ricerca dopo un contratto da ricercatore a tempo determinato di tipo A; solo il 3,4% sarà trasformato nel tipo B, avviandosi verso la carriera accademica. In definitiva il 96,6% dei 15.300 assegnisti sarà espulso dal sistema accademico“.

POCHI DOTTORANDI, ITALIA FANALINO DI CODA UE – Nel nostro paese si contano solo 0,6 dottorandi ogni mille abitanti, contro i 3,7 della Finlandia, i 3,1 dell’Austria e i 2,6 Germania. Inoltre, secondo l’indagine, le borse di studio percepite dai dottorandi italiani hanno un valore medio-basso se confrontate con quelle dei loro colleghi inquadrati come studenti nei paesi del Nord Europa e dell’Europa continentale. RISOLVERE ‘AMBIGUITA” STATUS GIURIDICO – In Italia, denuncia infine l’Adi, il dottorando è considerato uno studente per quanto riguarda i diritti ma è assimilabile a un lavoratore per i doveri: ciò ha “evidenti conseguenze“. Inoltre, nell’accesso ai concorsi spesso il titolo di dottore di ricerca viene considerato “come un titolo culturale ‘generico’ a volte paritario se non inferiore alla laurea“. E’ “necessario iniziare a creare percorsi ad hoc per i dottori di ricerca, funzionali all’assolvimento di ruoli dirigenziali“.


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