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“Genny ‘a carogna vendeva la droga ai clan”. Ecco l’inchiesta choc
28 Mag 2014 08:23

Genny ‘a carogna“, l‘ultrà del Napoliprotagonista” dell’ultima finale di Coppa Italia tra Fiorentina e Napoli, vendeva la droga a un importante clan di camorra, i “De Micco” del quartiere Ponticelli di Napoli, i cui affiliati si facevano tatuare per testimoniare appartenenza e devozione ai capi.

La circostanza che riguarda Genny ‘a carogna (al secolo Gennaro De Tommaso) è riferita da un collaboratore di giustizia, Domenico Esposito, ed è riportata nell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Napoli Egle Pilla nell’ambito dell’inchiesta contro il clan “dei tatuati” finito nel mirino della Squadra Mobile della Questura di Napoli che all’alba di ieri ha arrestato una dozzina di persone.

Sui rapporti fra Genny ‘a carogna e i “De Micco”, di cui ha riferito il pentito, la Procura di Napoli ha avviato una serie di approfondimenti. “La droga – ha raccontato Domenico Espositola compravamo da tale Genny la carogna che dovrebbe essere di Forcella. Per la consegna era utilizzata una Renault Scenic modificata, che ci veniva lasciata parcheggiata con le chiavi presso il cimitero di Ponticelli. Noi mandavamo a ritirare la macchina che poi restituivamo“.

Non è questa la prima volta che il nome di Genny ‘a carogna (colpito da un Daspo di cinque anni dopo i fatti di Roma) viene accostato alle attività di spaccio di stupefacenti: l’ultrà, titolare di un bar a Forcella, ha dei precedenti per spaccio e nel 2008 è stato arrestato per traffico di droga. Il padre e il fratello sono finiti nell’inchiesta antidroga “Piazze Pulite” che, nel 2007, portò all’arresto di oltre cento persone.

Tutti da verificare, naturalmente, sono i suoi rapporti con il clan De Micco che ha proprio nello spaccio della droga la sua principale attività, con una folta schiera di affiliati che, per conto dei boss, gestiscono la piazza di spaccio del parco Conocal, con tanto di vedette, pusher e guardie armate. E per vendere hashish, cocaina e amnesia il clan ha “inventato” anche una modalità particolare con punti di rifornimento “mobili“, almeno una quarantina, in altrettante zone di Ponticelli. Una delle caratteristiche del clan – hanno scoperto gli investigatori – è costituita dai tatuaggi che alcuni degli affiliati di rango (almeno tre) hanno scelto come “marchio” per testimoniare la devozione e il legame indissolubile con il capo, al punto da farsi scrivere sulla pelle la parola Bodo, soprannome del boss Marco De Micco, arrestato nel blitz di oggi insieme al fratello Luigi. I tre casi sono stati documentati dagli investigatori: Roberto Boccardi (finito in carcere oggi), si è fatto tatuare il nome di “Bodo” sulla parte bassa della schiena con due pistole come orpello; Ciro Cirelli se lo è fatto scrivere sul braccio, aggiungendo anche la scritta “Rispetto fedeltà onore”; Antonio Nocerino, sul fianco destro, in corsivo.

Un’altra conferma della strutturazione del clan è stata trovata dagli investigatori lo scorso 8 aprile, a casa di Salvatore De Micco, fratello di Marco e Luigi: un “libro mastro” sul quale sono state annotate le quote periodiche dei profitti delle attività illecite e le “mesate” (mensilità) da versare agli affiliati. Sul libro sono state registrate anche le spese sostenute dal clan per pagare gli avvocati e quelle per le armi, come fucili a pompa, pistole, bombe e giubbotti antiproiettile. Agli arrestati oggi la Dda di Napoli ha contestato i reati di associazione di stampo mafioso, tentato omicidio, traffico di sostanze stupefacenti, detenzione e porto d’arma.


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