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La ‘ndrangheta invisibile che c’è dietro Scajola e Matacena
15 Mag 2014 09:12

Una ‘ndrangheta invisibile, un secondo livello composto da “ambienti decisionali di altissimo” profilo in Italia e all’estero, ben al di sopra dei boss delle cosche, che rappresenterebbero i veri ‘capi’ della più potente organizzazione criminale presente nel nostro Paese.

L’indagine della Dda di Reggio Calabria e della Dia che ha portato in carcere Claudio Scajola, potrebbe svelare quello che finora è stato solo ipotizzato in decine di inchieste e che i magistrati sono convinti di aver individuato.

Anche di questo, infatti, si è parlato nel vertice operativo che si è tenuto per tutta la mattinata nella sede della Dia di Reggio Calabria e al quale hanno partecipato il procuratore Federico Cafiero De Raho e il sostituto Giuseppe Lombardo.

Nell’incontro si è anche fatto il punto sulle posizione dei soggetti coinvolti: fonti qualificate non confermano e non smentiscono l’iscrizione di alcuni personaggi già entrati nell’inchiesta, come i figli di Fanfani o la sorella di Scajola, ma sottolineano che in ogni caso si tratta di personaggi di “secondo piano” rispetto ai destinatari delle misure.

Altro discorso affrontato è quello relativo alla vicenda della scorta usata dall’ex ministro per sbrigare, secondo l’accusa, faccende della moglie di Matacena: la parte del fascicolo relativa a questo aspetto potrebbe essere stralciata e trasmessa in Liguria. Gli uomini che erano a disposizione di Scajola sono stati intanto riassegnati ad altri uffici. Non si tratta, spiegano dalla questura a Imperia, di un provvedimento disciplinare, ma di una normale ‘aggregazione’ in quanto il personaggio sul quale si doveva vigilare è agli arresti.

Ma nella riunione non ci si è limitati ad una semplice suddivisione dei compiti per analizzare l’enorme mole di documenti sequestrati sia nella cantina di Scajola sia in quella della segretaria di Amedeo Matacena – che quando sarà conclusa porterà inevitabilmente a nuove valutazioni – ma si è messa a punto la strategia investigativa da tenere nel prosieguo dell’inchiesta. Anche perché l’operazione che ha portato agli arresti dell’altro giorno è solo uno dei filoni di un’indagine ben più ampia che per diverse tranche è ancora coperta da segreto.

Ed il primo passo per avere conferme alla tesi è proprio l’analisi dei documenti sequestrati a Scajola – che oggi ha ricevuto in carcere la visita della moglie e dei figli dicendosi “sereno e fiducioso di poter spiegare tutto” – e a Matacena: una “impressionante” miniera in cui cercare, sottolinea un investigatore, quei collegamenti con il livello superiore. Ma anche “gli interessi” che hanno spinto l’ex ministro a “sostenere, agevolare e rafforzare consapevolmente” Matacena.

Si tratta solo di interessi economici o c’è dell’altro? Nella sua richiesta d’arresto, il pm ha scritto che dalle risultanze investigative emerge “uno spaccato di drammatica portata, in grado di enfatizzare la gravità ‘politica’ del comportamento penalmente rilevante consumato da Claudio Scajola”. Un comportamento il cui “disvalore aumenta a dismisura proprio nel momento in cui lo si mette in correlazione al delitto di concorso esterno in associazione di tipo mafioso posto in essere dal Matacena”.

Tanto più che l’imprenditore, per la Dda reggina ha un ruolo “ben più significativo di quello del mero concorrente esterno”: da quando nel 1991 un pentito lo vide al santuario di Polsi partecipare ad un summit mafioso, Matacena sarebbe diventato “la stabile interfaccia della ‘ndrangheta, nel processo di espansione” verso “ambiti decisionali di altissimo livello”.

E dunque, dicono i magistrati: “se da una parte la elevata collocazione imprenditoriale di Matacena ha garantito e garantisce la necessaria ‘invisibilità’ nelle relazioni privilegiate con soggetti politici operanti in ambito nazionale ed europeo“, dall’altra lo stesso imprenditore è “il perno” – assieme ad altre “componenti soggettive” che non rientrano in questo filone – attorno al quale “ruota la fitta ragnatela relazionale che caratterizza il mondo imprenditoriale, economico e finanziario, nazionale ed internazionale, funzionalmente collegata in uno perverso rapporto di prestazioni corrispettive con le più evolute manifestazioni della ‘ndrangheta”.

Ed è proprio in questo contesto che, secondo l’accusa, si inserisce Scajola che diviene, vista l’impossibilità di Matacena di candidarsi alle europee per la condanna a 5 anni per concorso esterno in associazione mafiosa, “l’interlocutore destinato, in caso di elezione, ad operare” nella gestione e destinazione dei “finanziamenti”. Perché, dicono sempre gli investigatori, la ‘Ndrangheta “ha necessità di disporre di parlamentari europei al fine di canalizzare gli enormi flussi di denaro che derivano dai contributi gestiti in sede comunitaria”.

 

 


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