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Materie prime, è allarme rincari per le imprese
09 Giu 2021 07:47

  • Rincaro dei prezzi in varie materie prime negli ultimi mesi
  • L’aumento dei prezzi avrà conseguenze sul molti altri settori
  • L’impennata può provocare un effetto dirompente sui costi sopportati dalle piccole imprese

L’aumento del costo delle materie prime desta sempre più preoccupazione per la tenuta della capacità competitiva delle imprese già largamente colpite dalla crisi legata alla pandemia. L’attuale rincaro dei prezzi degli input produttivi si traduce in 459 milioni di euro di costi in più a carico delle micro e piccole imprese siciliane.

Aumento dei prezzi

Tutto ciò avviene in un contesto in cui si registra ad aprile 2021 un significativo rincaro dei prezzi delle materie non energetiche (+33,4%) e di quelle non alimentari (+51,4%); a marzo 2021 crescono del 65,7% su base annua i prezzi dei metalli di base; sale l’attenzione anche per le commodities energetiche, i cui prezzi a marzo 2021 sfiorano il raddoppio (+93,6%); e si alzano le tensioni sui prezzi delle importazioni di minerali non metalliferi (da settembre 2020 a gennaio 2021 i valori medi unitari salgono del 50,4%).

Conseguentemente si rileva l’aumento delle attese sui prezzi delle imprese manifatturiere e l’estensione dello shock sulle commodities – innescato nel comparto dei metalli – che si sta estendendo ad altri settori manifatturieri e all’edilizia. Il saldo delle attese sui prezzi registra i valori più alti per metallurgia con un valore di 48,3 e legno con 47,4; un saldo elevato anche per gomma e materie plastiche con 34,2, mobili con 32,9 autoveicoli, con 29,2 e prodotti in metallo con 26,9 e apparecchiature elettriche con 25,7. Per ulteriori approfondimenti sul tema si veda il lavoro dell’Ufficio Studi nazionale.

I settori più colpiti

Nel complesso del comparto delle costruzioni e dei sette settori manifatturieri sotto stress sul lato dei prezzi – metallurgia, legno gomma e materie plastiche, mobili, autoveicoli e prodotti in metallo e apparecchiature elettriche (Ateco 2007 C16, C22,C24,C25,C27, C29, C31, F) – operano in Sicilia 31 mila micro e piccole imprese (MPI) che danno lavoro a 74 mila addetti. All’interno di questo perimetro predomina l’artigianato: le 18 mila imprese artigiane, con 38 mila addetti che rappresentano il 44,7% dell’occupazione dei settori in esame.

Nel perimetro settoriale individuato, maggiormente soggetto al rialzo dei costi delle commodities, le MPI siciliane generano acquisti di materie prime per 2 miliardi di euro. In un’analisi controfattuale è stato ipotizzato in uno scenario base un aumento del 17,4% in media annuale dei prezzi degli input produttivi, da cui consegue un maggiore costo di materie prime per le imprese fino a cinquanta addetti dei settori interessati pari a 354 milioni di euro. In uno scenario più severo, con aumenti che progrediscono anche nella seconda metà dell’anno, generando un aumento dei costi del 27,7%, si stimano maggiori costi annui per 564 milioni di euro. Nella media tra i due scenari, un aumento dei costi di acquisto delle materie prime del 22,6% si associa a maggiori costi annui per le 31 mila MPI pari a 459 milioni di euro.

In Sicilia costi 459 milioni di costi in più

“L’impennata dei costi delle materie prime può provocare un effetto dirompente sui costi sopportati dalle piccole imprese manifatturiere per l’acquisto di beni necessari alla produzione. Il rincaro delle materie prime, parliamo di ben 459 milioni di costi in più in Sicilia, comporta per i nostri artigiani e i nostri piccoli imprenditori – dice Giuseppe Pezzati, presidente regionale di Confartigianato Sicilia – il rischio di comprimere i margini di guadagno o addirittura il timore di rinunciare a lavorare. Stiamo vivendo una situazione grave e paradossale, proprio mentre si cerca di riagganciare la ripresa, dopo il crollo dei ricavi dello scorso anno, gli artigiani devono fare i conti con materie prime carissime e introvabili, esaurimento delle scorte e tempi di consegna lunghissimi. La nostra confederazione, nelle scorse settimane, ha chiesto l’intervento del governo centrale, sollecitando la messa in campo degli strumenti che possano rimettere in equilibrio domanda e offerta, nel rispetto della concorrenza e delle norme che ne regolano le restrizioni”.


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