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Oscar Farinetti e l’Abruzzo: storia di un amore possibile
04 Lug 2014 06:53

Tra Oscar Farinetti, l’inventore di Eataly, e l’Abruzzo è scoccato l’amore. Galeotto fu il convegno “Ben fatto, non contraffatto. Dal Made in Italy all’Italian Sounding, come promuovere e difendere i nostri prodotti nel mondo”, voluto dal Sottosegretario all’Economia, Giovanni Legnini, abruzzese di Roccamontepiano. La tutela dell’italianità nel mondo, un tema grande è di vitale importanza per l’economia e la cultura del “Bel Paese” e che può permettere all’Italia di uscire meglio dal tunnel della crisi.

Ma andiamo con ordine, riavvolgiamo il nastro, e raccontiamo quella che è stata la giornata abruzzese di Oscar Farinetti.

Accompagnato da Raffaele Cavallo, Segretario Slow Food Abruzzo e Molise, uno dei pretoriani di Carlin Petrini sul territorio, inizia il tour d’Abruzzo dal capoluogo di regione, L’Aquila. L’appuntamento è per le 11.00 con il sindaco della città, Massimo Cialente, e il sottosegretario Giovanni Legnini. La scintilla scocca subito perché la narrazione appassionata del sindaco non lascia indifferente l’uomo delle Langhe. Cialente spiega, illustra, accompagna quasi per mano, l’ospite nel cuore della città ferita che si sta rialzando. La lunga passeggiata è un percorso tra i cantieri aperti nel centro storico.

Il gruppo cammina compatto e senza distrazioni, il dialogo è fitto e senza distrazioni. La prima pausa è una visita al Caffè delle sorelle Nurzia che producono il famoso torrone aquilano venduto da Eataly Roma. La sorpresa è grande per le due sorelle quando vedono davanti al proprio bancone Oscar Farinetti in persona che chiede un caffè. È un incontro molto cordiale e affettuoso, c’è sentimento. La seconda sosta è in un piccolo negozio di prodotti enogastronomici locali. Formaggi, prosciutto, salame e vino rosso. Al gruppo nel frattempo si aggiunge anche il vicepresidente della Regione Abruzzo, Giovanni Lolli.

Il clima è molto cordiale e favorisce la circolazione di idee e progetti. Progetti che cominciano a prendere forma nel pomeriggio, quando in uno dei passaggi del suo intervento Farinetti comunica al numeroso pubblico presente in sala che «oggi ho deciso che da settembre, a cominciare da Eataly Roma, avremo con un corner dedicato a L’Aquila. Eataly per l’Aquila. Dovremo avere almeno 50 prodotti di eccellenza dell’agroalimentare e dell’enogastronomia, che metteremo in vendita a rotazione. Il margine sarà destinato, interamente, a L’Aquila per la ricostruzione». Ma non si ferma, anzi rilancia.

«Poi continueremo negli altri nostri punti vendita. Innanzitutto nei 15 italiani e poi a New York, Chicago, San Paolo del Brasile. E insieme ai prodotti ci saranno tante fotografie di L’Aquila. Non narreremo da vittime, ma la meraviglia della città che sarà ricostruita più bella di prima con l’aggiunta di un po’ di futuro. Soprattutto chiederemo ai nostri colleghi e amici di imitarci. Se riusciremo a “contagiarli” sarà grandioso».

La tappa aquilana si chiude dunque con questa idea che ha preso forma tra cantieri, torroni e  formaggi che sono riusciti a raccontare meglio di qualunque parola la ricchezza di una terra che aspetta solo di essere raccontata con le giuste parole, così come dirà nel pomeriggio pescarese lo stesso Farinetti. «L’Abruzzo è una bella terra. Avete fra i vini più buoni, gli oli extravergini d’Italia. Il mio olio è di Ursini, l’olio più venduto perché è venuto a raccontarcelo ed è riuscito a vendercelo. Avete lo zafferano più buono, due pecorini eccezionali, salumi, carne buona, frutta e verdura, un pesce fantastico. Grandissimi prodotti, un futuro meraviglioso, quello che resta da fare è alzare il sedere dalla sedia e andare nel mondo a venderlo. Prendete il migliore abruzzese che avete e fategli narrare l’Abruzzo».

Tra la visita a L’Aquila e l’inizio del convegno a Pescara ci sono tre ore buone. La tappa intermedia è in uno dei posti più belli di tutta la regione: la costa dei trabocchi del litorale chietino. Ed è proprio su un trabocco che si svolge il pranzo accompagnato da una lunga chiacchierata, ancora, sull’Abruzzo.

Al gruppo aquilano subentra il gruppo pescarese e chietino con il neo sindaco di Pescara, Marco Alessandrini, a fare gli onori di casa. Il menù è tutto a base di pesce, tutto a chilometro zero, e viene consumato in un contesto che toglie il fiato. «La macchina pareva vivere d’armonia propria, avere un’aria ed un’effige di corpo d’anima», queste le parole usate da Gabriele d’Annunzio per definire il trabocco.

Quando Oscar Farinetti arriva al Porto Turistico di Pescara, il padiglione espositivo dove si terrà il convegno è già pieno.

Più che un intervento il suo è un vero e proprio progetto e programma di marketing territoriale. Dopo aver annunciato il progetto Eataly per i prodotti tipici ed aver decantato le lodi di una terra ricca e generosa e prima di entrare nel cuore del problema per il quale è stato invitato, regala un altro “assist” all’Abruzzo. «Avete la fortuna di avere anche il più grande cuoco d’Italia», il pubblico capisce che si sta rivolgendo a Niko Romito, tre stelle Michelin con il suo Reale-Casadonna, presente in sala e che interverrà al convegno, e l’applauso scatta spontaneo e fragoroso.

Quando affronta il tema del convegno, “Ben fatto, non contraffatto”, ciò che prima, quando parlava direttamente dell’Abruzzo, sembrava essere un progetto di marketing territoriale, si trasforma in una lezione di economia aziendale. Dove l’azienda è l’intero Paese.

«Non siamo capaci di vendere i nostri prodotti, non alziamo il sedere dalle sedie, mentre i francesi, per esempio lo fanno. Se la Coop, che è nata prima di Carrefour e Auchan, avesse tanti ipermercati in Cina, il vino italiano lo si potrebbe vendere in confezioni di tetrapak a pile. I francesi vendono fino a 750 milioni di vino e con quei soldi sostengono i contadini di Bordeaux. Finché non avremo “retail” non potremo competere. In realtà ne abbiamo uno solo ed è Eataly, 400 milioni che contro i bilioni degli altri, è poco. Troppo poco».

È una disanima spietata sul ruolo che l’Italia potrebbe avere e non ha nell’economia mondiale dell’agroalimentare.

«Pur facendo nulla cresciamo del 5,8 perché il mondo chiede l’Italia. Comprano Parmesan perché lo fanno bene. Loro lo vendono, noi no. Abbiamo anche un problema di prezzo medio bassissimo, non siamo capaci di narrare e risolvere i problemi, perché siamo pigri e provinciali. Ci siamo riusciti solo in alcuni campi come la pasta. E per fare un esempio dico  De Cecco e Cocco, per citare due pastifici abruzzesi che vendono in tutto in tutto il mondo. Sono andati a vendere il prodotto e ci sono riusciti perché sulla pasta siamo bravi».

Nelle sue parole risuona forte l’invito a rendere internazionali le imprese. A cercare nuovi mercati perché il marchio Italia è un marchio conosciuto e apprezzato in tutto il mondo ed è dune nel mondo che i nostri prodotti devono essere venduti.

«Basta lamentarsi perché ci imitano, perché imitano il “Made in Italy”. Pensate a quei Paesi che non hanno questa fortuna. Noi siamo fighi e siamo il Paese più biodiverso al mondo. Unica penisola al mondo chiusa dentro un mare buono. Le brezze dei mari hanno prodotto un microclima unico. Poi la nostra cucina che nasce domestica è per noi una fortuna straordinaria perché è replicabile. La cucina che nasce in un ristorante no. Solo 72 generazioni fa, avevamo le chiavi del mondo abbiamo inventato tutto, dal de bello al design. È arrivato il momento che la generazione di italiani viventi faccia qualcosa. La mia generazione, io compio 60 anni, è quella che ha fatto debiti e disoccupazione, non mi sento di dare consigli, nessuno è innocente».

Il cuore del suo intervento si potrebbe sintetizzare in un trasformiamo un problema nella nostra ricchezza, ma diamoci delle regole certe e capaci di accompagnare chi ha voglia d’impresa e di lavoro. Ed a questo punto del suo ragionamento che rivolgendosi al sottosegretario all’Economia Giovanni Legnini, in modo molto diretto gli dice: «siediti con Padoan, andate da Matteo (Renzi) e fategli questa proposta: ridurre dal 10 al 20% le tasse per le imprese italiane che incrementano le proprie esportazioni. Capito? Dobbiamo diventare un “hub” da cui le imprese italiane partono e vanno come schegge».

Così come l’Aquila ha conquistato il suo cuore, nella stessa maniera, lui conquista il cuore della platea che si scioglie in un lungo e convinto applauso finale quando termina il suo discorso con le parole di Bob Dylan: «The answer, my friend, is blowin’in the wind». Prima in inglese e poi in italiano, «La risposta è nei venti e noi abbiamo i migliori per produrre i prodotti più buoni del mondo».

La lunga giornata abruzzese di Oscar Farinetti termina qui, ma c’è da scommettere che il suo rapporto con l’Abruzzo è appena iniziato e che in futuro riserverà non poche sorprese.

Al convegno, “Ben fatto non contraffatto. Dal Made in Italy all’Italian sounding come promuovere e difendere i nostri prodotti nel mondo” hanno partecipato, oltre a Oscar Farinetti, Giovanni Legnini, Sottosegretario all’Economia, Giuseppe Peleggi, Dirigente Generale Agenzia delle Dogane, Daniele Becci, Presidente della Camera di Commercio di Pescara, Marco Alessandrini, sindaco di Pescara, Dino Pepe, Assessore all’Agricoltura della Regione Abruzzo, Niko Romito, Chef ristorante Reale-Casadonna, Raffaele Cavallo, Segretario Slow Food Abruzzo e Molise, Danilo Di Florio, imprenditore e Luciano D’Alfonso, Presidente della Regione Abruzzo. Ha moderato il dibattito il giornalista di Sky tg 24, Marco di Fonzo.

La segreteria organizzativa a cura di Carsa srl, in collaborazione con Abruzzo Impresa


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