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Il lago cambiò destino
14 Gen 2015 09:10

Era un laghetto che sorprendentemente si stagliava in una radura, dando fiato al corso del fiume.

L’acqua stazionava senza creare gorghi, dischiudendo la possibilità di fare il bagno. Così avveniva da anni e si chiamava: la “chiazza di Michelino”.

Pochi sapevano il perché di tale nome, ma la vicenda era molto triste.

Michelino era un pastore di pecore, in un luogo dove pecore ve ne erano poche. Il suo paese si trovava sulla linea dei tratturi, che univano gli Abruzzi alle Puglie, dove venivano portate a svernare le mandrie: dalle montagne al Tavoliere.

Michelino aveva trovato un possidente che gli aveva affidato una trentina d’animali e viveva con essi.

“Io ti do’ le pecore in affidamento. Ma se ne muore solo una ti ammazzo di botte!” E di botte il giovane pastore ne prendeva spesso. Poco prima della seconda guerra mondiale, usare le mani in certo tipo di lavori, era normale. V’era gente di un ignoranza totale, al punto di non saper leggere un orologio. Umili tra gli umili, ridotti a schiavi per un tozzo di pane.

Anche questo succedeva, non più di settant’anni fa, al povero Sud.

Michelino aveva sposato Immacolata, una donna anch’essa in situazioni culturali drammatiche. Nessuna istruzione, totale incapacità di cucinare, difficoltà di relazionarsi con il prossimo. Ed avevano avuto anche un figlio.

Il pargolo cresceva senza padre e con una madre inconsapevolmente inadatta alle funzioni di base.

Il pastore in cambio del suo lavoro riceveva una miseria, che passava ai suoi familiari per condurre una vita almeno miserabile. Una catena inverosimile ma vera e visibile.

Guardava le pecore perché incapace di fare il bracciante (non aveva il fisico) ed il contadino o l’artigiano (non aveva la testa, si esprimeva a volte a monosillabi).

Una mattina, mentre il sole agostano era alto e riscaldava l’acqua del fiume più insistentemente, Michelino decise di portare le pecore al laghetto. E si divertiva a guardarle da una piccola rupe.

Tutto ciò sino a quando una di esse non s’inoltrò nell’acqua, perse equilibrio, s’incrinò e iniziò a dimenarsi.

Il cuore del pastore salì in gola. Scese dal masso e si tuffò per riacciuffarla. Non sapeva nuotare. Annegò con essa.

Così finì la vita di Michelino Zolfetta.

Ci vollero due giorni affinché in paese si spargesse voce della dipartita e della circostanza.

Andiamo ora quarant’anni avanti. 1979, agosto. Tre ragazze, le più ardite in paese, prendevano il sole in costume al laghetto.

Situazione avventata in un epoca in cui il costume s’indossava solo al mare e non a due chilometri dall’abitato, un agglomerato sociale che viveva ancora il suo maschilismo ostile alla donna.

Le liceali erano considerate licenziose. Ed intorno a loro e ai loro compagni di classe, che le accompagnavano, ronzavano ragazzi vispi che sbirciavano le carni bianche e le curve poco ostentate delle giovani.

Che strano. Sembrava di essere sugli scogli di Positano, invece si era nella meravigliosa “chiazza di Michelino”, immersa in un verde prorompente e dove qualcuno faceva il bagno, in un acqua dal colore particolare. Quasi indefinibile.

“Che posto incantevole. Io vengo anche domani.”

“Anch’io.”

Intanto il figlio di Michelino era diventato un uomo. E purtroppo non si discostava molto dai genitori. Piccoli furti, una vita da vagabondo in giro per le campagne, nessun lavoro e sottraeva tutti i soldi della pensione della madre, che lo campava.

La donna faceva le pulizie come terza cameriera in una famiglia nemmeno troppo ricca. Lei si accontentava di portare un po’ di cibo a casa. Pasta, pane, olio, frutta, qualche abito usato e la benevolenza dei due figli della padrona di casa, ambedue professionisti.

Un giorno Aldo, figlio di Michelino, si recò per caso alla “chiazza”.

Non voleva fare certo il bagno. Ma li’ c’era un suo conoscente che gli aveva promesso diecimila lire se lo aiutava a tagliare l’erba.

Si avvicinò all’acqua e alla vista di quelle ragazze in costume da bagno si bloccò per guardare.

“Allontanatelo!” Intimarono le donne ai compagni.

“E uno scemo. Non è pericoloso. Lasciatelo guardare.”

“Ma questo ci chiama gli amici e ci distrugge il nostro ritrovo!”

“Ehi! Tu! Aldo! Vai via di qui! Cosa guardi?”

“Non sto facendo niente!”

“Si ma le ragazze si spaventano!”

“Ma io non faccio niente.”

Aldo si avvicinò amichevolmente.

“Dai vattene. Stai dando fastidio.”

“Ma questo è posto pubblico. Io ci posso stare.”

“Senti, se non te ne vai andiamo in paese a chiamare i Carabinieri.”

Anche le ragazze si fecero sentire: “Questo posto lo abbiamo occupato noi, lo avviamo scoperto noi, lasciaci in pace! Questo è la nostra Positano!”

“No questa è la chiazza di Michelino!”

“Ma no! Quale chiazza, quale Michelino. Lasciaci divertire un po’, poi te la lasciamo tutta per te. Nemmeno sai nuotare!”

A quel punto Aldo si sentì un maschi ferito, si tolse i vestiti ed entrò in acqua. Fece qualche movimento goffo staccando i piedi da terra. Il fondo era basso e fingeva di prepararsi nuotare. Ma si sentì ridicolo e mentre cercava un minimo di contegno una buca gli inghiottì un piede. Bevve acqua si dimenò, i ragazzi capirono e si tuffarono prendendolo per le braccia. Lo trascinarono a riva.

Erano passati trent’anni. Michelino stava per passare l’eredità del nome della “chiazza” al figlio Aldo. Ma le pecore sono accompagnate dal pastore, le donne da giovani aitanti.


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