';

Comunicazione e marketing digitale, le pmi italiane tra le peggiori in Europa
23 Set 2021 14:25

  • Le pmi italiane sfruttano poco gli strumenti della comunicazione digitale
  • Molte usano social e web senza una visione strategica
  • Occorre creare contenuti in maniera corretta affidandosi a professionisti

Le piccole e medie imprese italiane non sono ancora riuscite a sfruttare pienamente le potenzialità del commercio elettronico. Secondo l’indice DESI (digital economy and society index) elaborato dalla Commissione Europea le pmi italiane si collocano nella posizione 26 su 28 in una classifica dominata da Irlanda, Germania e Regno Unito. Le aziende italiane sono anche indietro su infrastrutture tecnologiche avanzata e nella presenza sul web nell’analisi di Big Data.

Le pmi italiane indietro per marketing digitale

Come ha sottolineato Federica Argentieri, Ceo Founder di Timotico, società di comunicazione integrata sul web a Primaonline.it “ci sono aziende, anche molto affermate da generazioni che si trovano in crisi dal momento che la concorrenza online gli sta rubando grossissime fette di mercato”.

Le problematiche delle aziende italiane, infatti, non riguardano solo le infrastrutture e le tecnologie ma anche la capacità di saper sfruttare gli strumenti di marketing e comunicazione digitale. Spesso le aziende hanno siti web poco ottimizzati, con scarse performance sul mobile, come evidenziata Argentieri.

Spesso manca una visione strategica

Eppure in Italia il commercio elettronico vale 48,25 miliardi di euro nel 2020 (secondo i dati di Caseleggio Associati) e circa 50 milioni di italiani sono connessi ogni giorno. Manca, secondo quanto ha rilevato Argentieri parlando con Primaonline.it, una visione strategica, con imprenditori che continuano ad affidare i social ai parenti, mentre occorre curare la comunicazione in maniera professionale, lavorando sui contenuti e sulla loro differenziazione, affidandosi a professionisti del content marketing. Una strategia che coinvolga siti web, blog, e-commerce, social network e che soprattutto renda tutto collegabile all’identità del brand. Puntare risorse, anche ingenti, solo per contenuti promozionali alla fine crea un effetto opposto.

Attenzione ai contenuti

Per Argentieri si dovrebbe rispettare una proporzione di 70-30: “70% di contenuti reputazionali ispirazionali, informativi e che coinvolgano sempre di più l’audience – ha spiegato a Primaonline.it – e 30% di contenuti destinati alla vendita pura”. In questo modo si cerca di fidelizzare il cliente, creare con lui un rapporto, renderlo parte del processo, ma in maniera costante in modo da essere una presenza per l’utente-cliente e anche per gli algoritmi.


Leggi anche questi articoli

Dalla stessa categoria

Lascia un commento