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Dentro Amazon. “Dipendenti utilizzati come dei robot”
10 Mag 2013 06:25

Cosa si nasconde nei retroscena di Amazon: il colosso americano del libro online il cui fatturato ha superato i 60 miliardi di dollari nel 2012.

Un giornalista è andato ad indagare facendosi assumere in uno dei magazzini di Amazon France, a Montelimar (sud-est): da questa esperienza ha scritto un libro in cui racconta di dipendenti-robot, di contratti precari, di compiti faticosi e ripetitivi, come percorrere 20 chilometri ogni giorno tra i reparti di immensi depositi.

L’autore di En Amazonie, infiltré dans le meilleur des mondes (Fayard) si chiama Jean-Baptiste Malet. Il giornalista aveva dapprima chiesto un’intervista ai responsabili di Amazon France, ma di fronte al rifiuto si è presto reso conto che “per poter scoprire cosa c’é dall’altro lato del monitor” si sarebbe dovuto “infiltrare”: “Ho scoperto che i dipendenti non avevano diritto di esprimersi sulle condizioni del loro lavoro, né nei media, né con la famiglia, a dispetto delle regole del codice del lavoro.

La compagnia limita ogni forma di comunicazione”, ha raccontato alla stampa transalpina. In vista del Natale, nel 2012, Amazon France assumeva 1.200 persone con contratto interinale per turni di sette ore al giorno a 9,725 euro lordi l’ora. Malet è stato assunto nel magazzino di Montelimar, un hangar di 36 mila metri quadrati, come “picker” (letteralmente “raccoglitore”), l’operaio che percorre a piedi 20-25 chilometri ogni giorno per andare a cercare i prodotti (libri, cd e ogni altro oggetto venduto su Amazon), caricarli su carrelli e portarli al “packer” (l’imballatore).

Faceva i turni di notte, dalle 21:30 alle 04:50. Ogni suo gesto era estremamente codificato, dal modo di manipolare i carrelli (la marcia indietro è vietata) a come impilare gli articoli (per dimensioni, con il codice a barre verso il basso, ecc.). Come tutti i dipendenti era munito di uno “sbirro elettronico”, uno scanner con sistema GPS che controlla in tempo reale spostamenti, velocità dei gesti ed eventuali tempi di pausa. Un rapporto finale di produttività gli veniva consegnato a fine turno.

“I picker “modelli” – dice – devono tenere un ritmo di 130 articoli all’ora, davvero molto alto, considerando che all’inizio non si riesce a caricare più di 50 oggetti. Vengono dolori di schiena, collo, ai polsi, le gambe si pietrificano. Se gli obiettivi non sono tenuti, si viene sanzionati. Solo i dipendenti più produttivi possono sperare in un contratto a tempo indeterminato. I clienti di Amazon – sottolinea – devono sapere tutto questo quando fanno le loro ordinazioni, devono sapere che i dipendenti vengono inebetiti e trasformanti in robot. E pensare che il motto interno dell’azienda – aggiunge – è “Work hard, Have fun, Make history”.


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