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Saviano: “Così il mio racconto è diventato azione a Casal di Principe
21 Giu 2014 07:16

Ecco le parole che Roberto Saviano ha scritto ieri sulla sua pagina di facebook. Parole che non hanno bisogno di commento, ma solo di essere lette. Per capire e riflettere. Eccole:

A ottobre del 2006 fui invitato a Casal di Principe per l’inaugurazione dell’anno scolastico. Avevo da poco scritto Gomorra ed essere lì, per me, aveva un significato enorme. Mentre parlavo, notai che in piazza i ragazzi erano divisi per sesso. Maschi da un lato, femmine dall’altro. Lì, nella roccaforte del clan dei casalesi, nella terra dei codici, dell’onore che si trasforma in violenza, dei nomi che tutti conoscono e nessuno pronuncia, ho sentito la rabbia montare e li ho chiamati tutti per nome, i boss.

Non pensavo a quello che stavo dicendo. Non pensai alle conseguenze: “Voi non siete di questa terra – dissi -, andatevene!” Schiavone e Bidognetti erano già in galera, Iovine e Zagaria sono stati arrestati in seguito, ma lì, a presidiare il territorio, c’erano le famiglie. Tornai a Casal di Principe esattamente un anno dopo e ad accogliermi questa volta c’era il patriarca della famiglia Schiavone, don Nicola Schiavone. Padre di Sanokan Schiavone e del boss Walterino Schiavone, nonno di Nicola, Carmine, Ivanhoe e Walter, tutti in galera. Nicola Schiavone disse che “ero un buffone e che io ero la camorra”. Qui il video de Le Iene che raccontò quella giornata. http://goo.gl/k9UEgI

Oggi dopo 8 anni dal mio primo intervento pubblico a Casa di Principe, Giuseppina Nappa, moglie di Francesco Schiavone, marito e figli maschi in carcere, lascia Casal di Principe con le sue due figlie femmine. Lascia il regno da regina deposta ed esiliata. Va a Modena dove il clan ha fatto investimenti. Da ottobre 2006 vivo sotto scorta. Dalla cerimonia di inaugurazione dell’anno scolastico. Per anni ho pensato che nulla potesse valere una vita senza libertà. Ma con i boss al 41bis e le famiglie che lasciano i loro storici presidi, posso dire che sì, ne è valsa la pena. Questa, nonostante ci sia ancora chi dice che raccontare diffama, è una vittoria del racconto che si è fatto azione.


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